sabato 13 ottobre 2012

Grand tour Trentino-Alto Adige, tappa 1


Certe volte nella vista tutto si incastra perfettamente e così senza neanche pensarci ci si ritrova con un compleanno importante da festeggiare, uno stage da decidere ed una passione infinita per due provincie del Nord Est: il Trentino e l'Alto Adige.
Mixare queste tre cose è semplice, meno scontato è ottenere qualcosa di buono, come una settimana da passare in vacanza per festeggiare il compleanno, molte aziende da visitare e qualcuna che inaspettatamente sia interessata a te.
E così una settimana fa la piccola carovana è partita per passare la sua prima giornata a Trento, per poi proseguire a Vigo di Ton e per finire ad Andriano, dove l'attendeva un b&b formato castello medievale dove trascorrere cinque lunghi giorni a vedere un po' se il destino ce la faceva giocare questa carta nord orientale.


In tanti anni di più o meno assidua frequentazione della zona ci eravamo sempre ripromesse di visitare
la Ferrari un giorno o l'altro, per i 30 anni ci è sembrato il momento giusto per farlo.
Lo stabilimento della casa più famosa del metodo classico italiano c'è sembrato una struttura work in progress dove si mischiano stili diversi di architettura frutto di allargamenti e ristrutturazioni continui che per il momento generano un po' di confusione al visitatore: si inizia con una strana casetta di legno stile anni '70 (con arredamenti originali) per finire in una struttura tutta specchi e sculture di Arnaldo Pomodoro molto anni 2000.
Continuità? Non sono una esperta d'arte nè di interior design ma se fossi un membro della famiglia Lunelli modificherei sensibilmente la parte anni '70-'80 che è di gusto chiaramente sorpassato e poco in linea con i canoni dell'estetica dell'arredamento attuale.


Unico tributo alla modernità dei divanetti di plastica bianco lattiginoso a marchio Ferrari, suppongo dotati di lampadine interne per ottenere giochi di luce nei dehor dei locali che servono Ferrari. 
Il tour inizia con un breve filmato della storia delle Cantine, nate dall'idea dell'enologo Giulio Ferrari che ebbe l'intuizione di capire che la zona della Champagne e quella del Trentino avevano molti punti in comune e che importando delle barbatelle di Chardonnay dalla Francia all'Italia si poteva creare un Champagne tutto italiano. Detto fatto, in poco tempo iniziò la produzione di un metodo classico che ebbe fin da subito un grandissimo successo e vinse parecchi premi persino in Francia. Ferrari non aveva figli ma ebbe, da anziano, un'altra intuizione quella di lasciare la sua azienda ad un rivenditore di vino di Trento, Bruno Lunelli. La famiglia Lunelli, alla terza generazione, è ancora l'attuale proprietaria delle cantine Ferrari.

  
La visita prosegue snodandosi dalla zona di produzione del vino a quella dove le bottiglie in cui sta avvenendo la seconda fermentazione riposano per almeno due anni, per finire nella sala dove avviene il degorgement (rimozione tramite congelazione del collo di bottiglia dei lieviti e di altre impurità), il rimpinguamento del vino perso con un liquer de dosage e la messa in bottiglia del tappo, della gabbietta di alluminio e dell'etichetta.


Alla fine della visita si passa prima davanti ad un modellino della nuova tenuta acquistata dal gruppo Lunelli, la tenuta Castelbuono, detta il carapace e completamente disegnata da Arnaldo Pomodoro per poi finire con una degustazione di un Ferrari a scelta della Casa, noi abbiamo assaggiato un Riserva Lunelli, veramente ottimo.
Terminata la visita siamo piuttosto contente, la guida è stata esauriente, disponibile e molto corretta (non si ricordava della nostra prenotazione e per questo non ci ha fatto pagare, chapeau), abbiamo risolto enigmi insoluti da sempre (l'acqua Surgiva che acqua è? Perchè non si trova nella grande distribuzione? Risposta: è del gruppo Lunelli che la distribuisce solo alla filiera Ho.Re.Ca ed è, tra l'altro, l'acqua ufficiale dell'AIS) e ci siamo degustate un ottimo vino su una bella poltroncina che avrebbe adorato il protagonista di Grease:-) 


Altro giro, altro regalo, questa volta tocca spingersi a Vigo di Ton, paesino non esattamente a portata di mano, dove nasce il Miele Thun ed il suo geniale ideatore Andrea Paternoster, colui che ha portato alla ribalta il miele monofloreale e che riesce ad ottenere mieli più o meno da qualsiasi vegetale presente su questa terra (per dire noi abbiamo assaggiato quello di carota selvatica e quello di cardo).
Ad accoglierci non c'è lui ma un suo collaboratore a cui non basteranno tre ore per raccontarci tutto quello che producono e che hanno in mente per gli anni a venire. L'ultimo progetto in casa Thun è quello di una valorizzazione dell'aceto tramite l'associazione Amici Acidi, unione di 5 produttori che considerano l'aceto non un prodotto secondario del mondo enologico ma bensì un potenziale protagonista assoluto della cucina.
Noi assaggiamo l'aceto di miele al rosmarino ed è subito amore, poco acido molto fresco e piacevolmente aromatizzato, ed è così che Andrea ci spiega deve essere l'aceto, deve dare soprattutto freschezza e non acidità.
Un giro nella produzione (piccola ovviamente, il miele devi giusto imbottigliarlo o al massimo tenerlo nel miscelatore per ottenere una cristallizzazione migliore) e poi via alla degustazione.
Proviamo una decina di qualità diverse di miele, tutte ottime ed alcune dai profumi un tantino troppo intensi, come il miele di Tarassaco che ricorda il Puzzone di Moena, e scegliamo di prendere quello di Erica, delicatamente profumato e il Millefiori degli alveari presenti a Casadonna, la tenuta di Niko Romito, il millefiori più vellutato che abbia mai provato.
Nel frattempo, tra una leccatina e l'altra al cucchiaino sgocciolante di questo nettare, capiamo perchè questi mieli sono diventati così famosi: Andrea Paternoster per creare questi monovarietali particolarissimi, sposta le sue arnie in ogni parte d'Italia, dall'Isola di Sant'Erasmo di fronte a Venezia, fino alla Sicilia, passando dal Molise e Calabria. Colloca le arnie nei luoghi dove sono più presenti le specie vegetali che gli interessano e poi le lascia il tempo che esse producano il miele, prodotto quello le porta da un'altra parte, in un continuo Italian bee-tour.
Sono le 19, il tempo stringe, Andriano è lontana e dobbiamo ancora trovare il proto-castello e prepararci per la lunga giornata seguente, da passare tutta sulla strada del Vino in Alto Adige ripetendo ansiosamente quelle poche parole di tedesco, che non sappiamo ancora che ci serviranno un bel po' nei prossimi mesi.


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