giovedì 9 dicembre 2010

Mercato Italiano della terra a Colorno



Informazione per tutti i lettori Parmigiani (ma anche no), domenica 12 dicembre si inaugura a Colorno l'undicesimo Mercato della Terra italiano, secondo in Emilia Romagna.
La condotta Slow Food di Parma, appena ricorstituita con un nuovo gruppo dirigente, festeggierà il Terra Madre Day proprio con l'edizione pilota del mercato, organizzato insieme al Comune di Colorno e alla Provincia di Parma, e in collaborazione con le organizzazioni di categoria CIA e UPA e la Pro Loco di Colorno.
L'evento avrà luogo dalle 9 alle 18 in Piazza Garibaldi, contestualmente a Dolce Santa Lucia, un’intera giornata dedicata alla solidarietà organizzata dalla Pro Loco.
Saranno presenti circa 20 produttori locali, provenienti da un raggio di circa 50 km da Colorno. Fra i prodotti presentati e venduti ci sono conserve, miele, vini, ortaggi e salumi; non possono mancare ovviamente né il Parmigiano Reggiano né i presìdi del Culatello di Zibello e del Caffè di Huehuetenango. Inoltre al mercato sarà servita la minestra di castagne preparata da Stefano Fogacci, figura di riferimento per le comunità di Terra Madre della regione. Mi viene un pò da piangere pensando che non potrò esserci....
Per il Comune di Colorno, che fa parte dell'Associazione dei Comuni Virtuosi, il Mercato della Terra si inserisce in una lunga serie di proposte e progettualità messe in campo negli ultimi anni per promuovere nella comunità una nuova sensibilità improntata alla riduzione dell'impronta ecologica, alla filiera corta, alla sobrietà e consapevolezza nei consumi quotidiani.
IMPORTANTISSIMO: Dalla prossima primavera il "Mercato della Terra" avrà cadenza mensile, e si svolgerà nell'ultimo cortile della meravigliosa Reggia di Colorno, oggetto di riqualificazione proprio in queste settimane.
Questa inaugurazione è resa ancor più bella e importante dall'evento benefico Dolce Santa Lucia, promosso dalla Pro Loco per allietare il Natale dei bambini ricoverati in ospedale. Nel centro della piazza sarà infatti realizzato un grande dolce, che come un colorato puzzle prenderà forma grazie alle tante torte offerte dalle associazioni di volontariato presenti e dagli esercizi alimentari di Colorno. La vendita di queste torte, tramite offerta, permetterà di realizzare una raccolta fondi per l’associazione Noi per Loro, una staffetta golosa, realizzata per donare un sorriso ai bambini dell’ospedale cittadino.
Al fianco della Pro Loco ci saranno le numerose associazioni del territorio, che nei propri stand presenteranno la loro attività e offriranno interessanti idee per un’originale e utile regalo di Natale. Infine, sempre la Pro Loco gestirà un punto ristoro con torta fritta, salumi e altri piatti tradizionali del periodo invernale.
Andate anche per noi e raccontateci tutto!!!

lunedì 6 dicembre 2010

Borough Market e dintorni (golosi)

Borough market, croce (per la folla) e delizia di ogni gastronomo, food addicted che bazzichi o viva a Londra. Una tappa obbligata, riconciliante con la città (vivere a Londra non è proprio una passeggiata), che fa emettere con un debole sospiro: "Bè Londra è pur sempre Londra".  Eh sì perchè questo non è un mercato rionale nello stile dei nostri, ma è un mercato glocal, ovvero il meglio delle produzioni locali di tutto il mondo. Qui senza compiere più di 200 metri potrete assaggiare quasi tutte le cucine del mondo e sempre qui potrete comprare un buon pane (sì sì persino quello che a casa definiremmo proprio BUONO), verdura e frutta biologica, carne allevata come Dio vuole e molti banchetti di bravi italiani che vendono i nostri prodotti a peso d'oro (buona idea, da copiare:-).








In sintesi, ma proprio in sintesi questo è il Borough Market, una realtà esistente da decenni ma che negli ultimi anni è diventata qualcosa di più grazie a Jamie Oliver (qui si è fatto riprendere più volte mentre faceva la spesa) e al generale risveglio d'interesse nei confronti della gastronomia a Londra. Uno degli aspetti sicuramente più particolari di questo mercato è la combinazione comprare-mangiare: molti banchi infatti vendono solamente piatti take-away, un'ottima occasione per assaggiare diverse cucine in un pranzo solo, occasione che il popolo di Londra non si fa mai ripetere più di due volte raccogliendosi a mangiare il pranzo glocal nel giardino di una chiesa sconsacrata lì a fianco.. Dove altro potreste vedere rappresentato in maniera così eccelsa il "sacro e profano"?!
Dopo qualche ora in giro per il B.M noterete dei palesi segni di stanchezza che vi faranno allontanare da esso in modo sempre più repentino ed è qui che non dovete sbagliare "uscita", imboccando infatti quella giusta scoprirete il regno dei formaggi, il sogno di ogni amante di forme e odori, l'incubo degli intolleranti al lattosio, insomma stiamo parlando di Neal's Yard Dairy, il negozio simbolo del comprar formaggio a Londra.









Per trovare il negozio dovete uscire verso Park Street e da lì sentendo l'odore arriverete in pochi attimi alla golosissima destinazione. Qui in vendita ci sono soprattutto formaggi inglesi ma troverete ottime selezioni anche di quelli italiani e francesi e avrete la prova definitiva che in Gran Bretagna non si producono solo Cheddar e Stilton!
Alla fine della spesa probabilmente sarete stanchi e con le gambe affaticate, desideranti solo di un bel posticino dove sedervi, magari anche tipico: ovviamente la soluzione è dietro l'angolo ed ha un solo nome: The Garrison, ottimo gastro pub che ci ha lasciato letteralmente senza parole davanti ad un ottima crema di cardi al tartufo nero, un hamburger destrutturato com ottimo manzo scozzese porcini freschi e chutney di cipolle rosse, un crumble di zucca con lenticchie profumate al cardamomo e per finire crumble di mele, pere, mirtilli con gelato alla vaniglia! Tutto rigorosamente ottimo e nota importante  conto onesto (ovviamente standard londinesi:-).
Spero di avervi convinto, la south bank è una zona che merita più di uno sguardo veloce alla Tate modern e allo Shakespeare Globe:-)

mercoledì 1 dicembre 2010

Angoli D'Oriente


Eccoci qua...mooolto in ritardo!. E si, lo sappiamo, scusate la latitanza ma come potete immaginare tra ricerche di lavoro (mie), scuola (di Silvia) e tutte le mille cose che offre questa città il tempo vola via e la sera spesso stanche e spossate dalle temperature glaciali crolliamo rimandando il post a domani.
Ma ora basta, promettiamo di essere più ligie e abbiamo ormai un bel pò di materiale su cui scrivere per cui non vi abbandoneremo più ad immaginare cosa stiamo combinando.
Ci piacerebbe raccontarvi delle tante diverse realtà che convivono insieme perfettamente e che come un ingranaggio perfetto si incastrano e ruotano facendo girare il motore che è il cuore di questa città: il commercio e le sue diverse sfacettature.
Qui convivono Asiatici, Europei, Mediorientali, ogni paese del mondo ha qui almeno un suo rappresentante (il più delle volte vere e proprie colonie) e per ognuno di loro "casa" non è poi così lontana, e già perché oltre ai ristoranti e locali etnici (dove tra gli etnici rientriamo anche noi Italiani) ci sono interi quartieri con negozi di arredamento, cibo, vestiti, giornali e roba per la casa in puro stile Giapponese, Cinese, Arabo etc..
Ecco proprio sul Giappone vorremmo spendere un pò più di due parole. Qui non si sono accontentati di avere i soliti due negozietti uno vicino all'altro affollati di clientela tipica, no qui hanno costruito il Japan Centre. Ovvero come ricreare un pezzo di Giappone nel cuore di Londra. Il Japan Centre consta infatti di un supermercato giapponese, due ristoranti ed un intero centro commerciale ad uso e consumo dei nipponici (leggesi: comprare Burberry da una gentilissima commessa che parla la tua lingua non ha prezzo:-). A noi ovviamente è interessata molto la parte del supermercato che al suo interno aveva interi reparti di miso, alghe, sushi già pronti, tofu, sakè, mirin, salsa di soia, un'edicola e pure la parte di surgelati e di attrezzi per la pefetta cuoca nippo. Non male eh?!
I prodotti esposti hanno tutti grafica originale e prezzo altrettanto autentico ma per noi poveri italiani che abbiamo al massimo il Natura sì è come essere ad Euro Disney. Noi per circa 6 sterline abbiamo comprato tutti gli ingredienti per fare la zuppa di miso con risultati, ci è sembrato, piuttosto fedeli all'originale pappato qua e là in ristoranti più o meno autentici.
Qui oltre ad ammirare vecchiette centenarie sopravvissute all'inquinamento di Londra si trovano libri per imparare a fare gli origami, per imparare a leggere e scrivere in giapponese, per fare un buon sushi e per scoprire che la cucina giappo può essere anche veg. 
Insomma qui non manca proprio niente:-) 
Poco distante c'è un'altra oasi Japan ovvero il Minamoto Kitchoan, un'autentica pasticceria Giapponese da vedere assolutamente!, i vari dolci venduti sono originali e prodotti principalmente con pasta di fagioli e pasta di riso, frutta sciroppata e tè verde e hanno le forme più assurde tipo coniglietto e pesciolino.
L'altro angolo orientale, Cinese però, ovviamente è chinatown e qui altro che ristoranti e negozi, qui è davvero la China!, tanto che i nomi delle strade sono scritti anche in cinese così come le indicazioni stradali e agli angoli delle strade si trovano i dispencer dei principali giornali cinesi.



Qui si trovano solo turisti che osservano attraverso il loro obiettivo scorci di Cina e Cinesi che indaffarati corrono da una parte all'altra come tante formiche operaie tutte con una sigaretta tra le dita.
Proprio qui a Chinatown il posto migliore in cui fermarsi a mangiare qualcosa è lo Jen Cafè, un'istituzione nella zona, infatti è stato uno dei primi locali ad aprire e a servire cibo cinese.
Questo è senza dubbio il posto migliore in cui assaggiarela zuppa di wonton e i ravioli freschissimi fatti in casa (a tutte le ore passando davanti le vetrate dello Jen Cafè troverete qualcuno intento nella produzione).




Come sempre vi lasciamo gli indirizzi di questi anlgoli d'Oriente nel caso vi trovaste a passare di quà.

Jen Cafè, 7-8 Newport PIWC, tube station Leicester Sq


martedì 16 novembre 2010

London experience

Ok ci siamo. Sì in effetti non è passato poco tempo da quando abbiamo scritto l'ultima volta ma sono stati dieci giorni veramente difficili. Cominciamo dall'inizio.
Martedi 9 novembre siamo sbarcate con tutte le nostre-pesantissime-valigie a Londra pronte ed entusiaste a prendere posto nell'appartamento trovato tramite un'aggancio di quelli "io conosco uno che, il quale cugino, la cui morosa (...) una volta era stata a Londra.. e mi sembra che....avesse una casa!", il flat si trova in zona sud ovest di Londra, per i più pratici a Putney. Al nostra arrivo un custode ci avrebbe dovuto mostrare casa, contatori, regole della spazzature e quant'altro, il custode, tale Jhon (tenetevelo bene a mente questo nome!) ci avrebbe poi consegnato le chiavi e lasciato libere di pulire casa e prenderne possesso nel miglior modo possibile. Ebbene, vediamo il custode, ci sbracciamo ci presentiamo, portiamo su le valigie guardiamo la casa, "dai sarà carina dopo una bella pulizia!"e lui con tutta calma ci chiede se vogliamo una tazza di the, una fetta di torta e poi un panino. Ma, che strano è solo il custode. Va bè dai magari è solo molto in confidenza con il proprietario e vuole essere gentile, strano però, dai non facciamo le diffidenti solo perchè siamo in terra inglese. Ci accomodiamo, cominciamo a parlare del più e del meno e dopo ben due ore di discorso (tempo interminabile noi volevamo prendere possesso della casa!) lui ci dice tranquillamente (ma proprio easy) "ecco io adesso vado in camera e se volete dopo usciamo a cena assieme". Noi non capiamo. "Eh sorry Jhon, which room?". Momento di panico. Lui con pura e assoluta nonchalance ci mostra la sua minuscola camera, un mini tugurio che a confronto quello del Grande Fratello era una gioia. Jhon, 60 portati malissimo a suon di burro e muffin del Tesco, era il vero inquilino dell'appartamento e d il proprietario aveva ben pensato di affittare una stanza da letto, non dicendoci assolutamente nulla ovviamente. Benissimo. Perfetto. Bianco viola e rosso ecco i colori che aveva la nostra faccia. Nero invece il nostro umore. Nerissimo. E adesso? La casa non era nostra, era tutta da pulire e la nostra camera era piccolissima con un letto da una piazza e mezza per due. In soggiorno il riscaldamento era rotto e in tutta la casa non si superavano in 16 gradi. Che dire! Welcome to London! Momento di panico, di isterismo, chiamate verso l'Italia ancora più isteriche, dì a Jhon che no non lo odiamo perchè lui vive lì ma non possiamo essere felici di dividere casa con un sessantenne. Lui per tutta risposta ci chiede se vogliamo passare Natale con lui. ???? Sorry?? Ha detto Natale?! La situazione ci stava scappando di mano, battiamo in ritirata in camera armate di disinfettante e scopa. Tralascio l'elenco di quello che abbiamo trovato sotto il materasso (avete mai pensato quanto il sotto letto fosse un posto perfetto per tenere il cioccolato?!) e passo direttamente al giorno dopo quando lui ci dice con ancora più nonchalance del giorno precedente: "ragazze oggi io devo partire perchè devo andare in Kenia da i miei figli, ci vediamo al mio ritorno, poi mi dovrò far operare al cuore e poi forse vado a trovare gli altri miei figli in India e poi quelli in Francia". Giuro che ho veramente pensato di non aver capito nulla e che il mio inglese fosse precipitato nel baratro quanto il mio umore. Ed invece no era tutto vero, lui ha figli ovunque e spesso parte e sta via interi mesi. Non eravamo basite e allibite ma di più. Giusto il tempo di salutarlo, fargli ciao e lui era scomparso lasciando il tugurio pieno di vestiti, coperte, cibo e scarpe, ma con una differenza rispetto alla sera prima: aveva messo una bicicletta sul letto.
Questa è la prima puntata di quella che è stata la prima settimana a Londra. Domani il seguito.

domenica 7 novembre 2010

Imola a novembre = Baccanale



Anche quest'anno è partito ad Imola il Baccanale, l'annuale rassegna enogastronomica e culturale che si terrà in città dal 6 al 21 novembre.
Per noi Imolesi ormai da parecchi anni il mese di novembre vuol dire Baccanale ovvero mostre, mercati, incontri, spettacoli, animazioni, tutto legato al cibo e quindi anche degustazioni, menu a tema e scuole di cucina che ravvivano e animano la città per 15 giorni ad ogni ora del giorno e della notte (beh notte per modo di dire).
La parola Baccanale deriva da una festività Romana che aveva scopo propiziatorio, il nome deriva da rituali dedicati a Bacco. In realtà pare che questa festa abbia origini ancora più antiche risalenti alla Magna Gracia in cui sembra che fosse più che altro un rito orgiastico dedito al puro divertimento, fu in seguito, appunto in epoca romana, che la festività fu associata a riti propiziatori per richiamare la benevolenza degli dei sulla semina i il raccolto delle messi.
Probabilmente il significato goliardigo-propiziatorio stà alla base della scelta del nome per questa rassegna che quest'anno vede come tema "Salse, sughi e condimenti". Infatti il Baccanale ogni anno si basa su un tema portante dal quale si sviluppano non solo i menu che propongono i vari ristoranti della città, ma anche le mostre e gli spettacoli che si svolgono parallelamente agli incontri gastronomici quali le scuole di cucina e le degustazioni.
Purtroppo quest'anno me lo perderò visto che dopodomani partiamo per Londra, ma, un consiglio a voi che mi state leggendo, Imolesi o meno, ma anche viandanti che semplicemente potreste avere la possibilità di farvi un giro da quelle parti, vi consiglio di andare a degustare, mangiare, bere, assaggiare o semplicemente "abbuffarvi" in uno (o anche 2-3) ristoranti della zona che propongono interessanti menu a tema.
Potete scoprire le proposte dei ristoranti collegandovi qui
Vi do qualche nome di Ristoranti che propongono dei menu niente male:

Aspetto i vostri commenti sui menu visto che io quest'anno non potrò assaggiarli, raccontatemi di cosa avete mangiato, delle vostre impressioni e di come vi siete trovati, buon baccanale a tutti e beh, buon appetito!

giovedì 4 novembre 2010

A lezione da un'autentica "Arzdora" romagnola

Mentre Silvia si prodiga dispensando consigli su come occupare il tempo libero, io, in attesa di partire, ripasso le mie conoscenze tecniche in cucina in previsione di un nuovo lavoro a Londra e ieri, dopo aver smosso mari e monti, sono finalmente riuscita ad ottenere un'udienza da un'autentica "arzdora" per apprendere l'arte della piadina romagnola!
Per chi non sapesse cos'è un' Arzdora vi do qualche informazione per inquadrare il personaggio e l'importanza che riveste la sua figura nell' immaginario culinario di noi romagnoli.
L' Azdora è la regina del focolare romagnolo, è il simbolo positivo di una operosità instancabile e il cardine del tradizionale nucleo famigliare in Romagna. L' Azdora o Arzdora un tempo era una vera colonna portante della famiglia e, non a caso, sfogliando il dizionario di dialetto romagnolo scopriamo che in Italiano azdora significa: reggitrice, massaia, colei che presiede al governo della casa.
Oggi giorno per noi le Azdore sono le nonne, (per me quelle degli altri avendo io le nonne Molisane), nonne che il pomeriggio per far passare il tempo tirano la sfoglia e producono per figli e nipoti tortellini, garganelli, tagliatelle e piadine amorevolmente confezionate in sacchetti mono o bi-dose da congelare e consumare nel momento del bisogno.
La mia migliore amica ha sempre una scorta nel congelatore di ogni ben di Dio in puro stile romagnolo e io non manco mai quando si presenta l'occasione di una cena da lei!.
Ebbene, dopo anni di tentativi riusciti male, di sperimentazioni casalinghe e di mezze misure che non mi convincevano sono riuscita ad avere un colloquio con un' autentica Arzdora romagnola. Dico autentica perchè oltre ad avere sempre con se nella fondina appesa in cintura il suo fedele mattarello (eh eh) è una delle signore che organizzano la festa della Arzdore di Dozza, un vero e proprio evento per noi della zona, non solo per l'ottimo cibo, ma anche perchè tutto il ricavato di questi 3 giorni di trionfo della cucina romagnola viene devoluto tutto in beneficenza ad una missione in Brasile gestita dall'ex parroco di Dozza, missione che ha già salvato dalla strada moltissimo bambini.
Purtroppo quest'anno me lo sono persa perchè ero a Cambridge, infatti si svolge nel primo week end di settembre a Dozza, località a pochi km da Imola considerato uno dei borghi medievali più belli dell' Appennino settentrionale dove, all'interno della sua rocca sforzesca, ha sede l'Enoteca Regionale dell'Emilia Romagna.
Finalmente ora posso dire di aver imparato a fare la piadina, ieri al mio arrivo la signora mi aspettava già con mattarello in mano e farina latte e strutto sul tagliere, mi ha accolta con un incoraggiante "mettiamoci al lavoro" e pazientemente mi ha spiegato come impastare, lavorare, stendere e cuocere la piadina rispondendo a tutte le mie domande e condividendo con me le sue storie e la sua esperienza.
Ed ecco il risultato, 32 piadine una più buona dell'altra, una soddisfazione incredibile soprattutto a cena quando ho invitato la mia migliore amica, romagnola da generazioni cresciuta con le piadine della nonna e ne ha mangiate solo lei ben 3!







E chissà che non tocchi proprio a me l'arduo compito di "esportare la piadina romagnola" come professava Samuele Bersani in quella che probabilmente è la sua canzone più famosa.....esportarla in Inghilterra....
Sò bene che all'apertura di questo blog avevamo detto che non sarebbe stato un blog di ricette ma questa volta farò un'eccezione perché raccontare della mia lezione con l'Arzdora omettendo la ricetta sarebbe come quando chiedi al tuo amico di registrarti quel film che non puoi vedere perché sei al lavoro e lui calcola male i tempi e manca il finale! (vi è mai capitato?, molto frustrante!)
E poi l'arzdora mi ha dato il permesso per cui dateci dentro e sentirete la differenza!

Ingredienti:
- 1 kg Farina 00
- 130 gr di strutto (per i vegetariani si può usare anche l'olio extravergine d'oliva, circa 130/ 150 gr)
- 1 cucchiaio grande di sale fino
- 1 cucchiaio di miele (qualunque tipo)
- 2 bustine di lievito per torte salate (il migliore è quello S.Lucia)
- 500 ml di latte

Con questi ingredienti vengono circa 15/17 piadine
Si amalgama il tutto, prima farina e strutto, poi si aggiunge il sale, il lievito e il miele e poi lentamente si inizia a incorporare il latte fino ad ottenere un impasto morbito e ben amogeneo, non va lavorato molto.
A questo punto si fa un rotolo e si iniziano a staccare le fette, come fosse uno strudel, le fette si arrotolano facendo delle palline del diametro approssimativo di 4-5 cm.
Alcuni le fanno riposare in frigorifero per 20 minuti ma noi le abbiamo tirate subito col mattarello e le abbiamo cotte.
Per quanto riguarda la cottura non ho la pretesa che abbiate un testo in casa (non ce l'ho nemmeno io) va benissimo una qualunque padella, meglio se di ghisa o di ceramica, 3/4 minuti per lato, la padelle deve essere rovente.
Bene, a questo punto non mi resta che augurarvi "buona piadina a tutti!", non ho bisogno di dirvi che la piada è buona con qualunque accompagnamento anche se muore con squaquerone e marmellata di prugne o miele invece dei soliti salumi. (vedi post di luglio 2010 per saperne di più sulla piadina)


Do you want a shoe candy?!

Dopo la proposta dei libri, del film e degli food events novembrini oggi passiamo (sì prometto è l'ultimo post di consigli su come impiegare il tempo libero:-) alle mostre, o meglio alla piccola mostra che si tiene al Design Cafè della Triennale di Milano: l'Instant Design. Oggi quindi un consiglio intellettuale, mica da chi il cibo lo mangia e basta:-).
Ebbene si dà il caso che in questo cafè, fino al 14 novembre, saranno esposte opere di artisti che hanno usato il cibo come materiale per realizzare nuovi oggetti di design. L'idea non è nuova ma è sempre interessante vedere come col variare delle mode alimentari e delle tecnologie a disposizione l'arte esplori nuovi modi di usare e di modulare il cibo con intenti molto diversi: chi vuol far comprendere quanto è sottile il confine tra commestibilità e semplice food design, chi vuole destabilizzare con consistenze e colori diversi, chi vuole perseguire un intento ambientalista usando il cibo come materiale di costruzione all'insegna del riciclo e del "non si butta via niente".
Ecco qui una piccolo assaggio di quello che potreste trovare al cafè della triennale:


Da sinistra troviamo Emily Crane con il suo reggiseno fatto di schiuma alimentare realizzata con il sifone (non ho però capito come abbia fatto a renderla solida, devo indagare meglio:-), a seguire Peter Marigold che ci mostra come anche la vecchia "argenteria" di casa possa avere un futuro "illuminato" e scendendo abbiamo due opere di quelle che io considero la scoperta del giorno: ovvero Ciboh. Due ragazze, una grande fantasia e talento per realizzare opere decisamente sui generis ed un'officina artistica, stile Wharol, ma a Milano. Ecco in sintesi gli ingredienti di Ciboh i quali mixati assieme hanno creato nell'ordine: dei lavori all'uncinetto fatti con la liquirizia (sì lo so sembra pazzesco ma è vero:-) per una nota azienda operante nel settore e una scarpa della Nike (vi prego guardate la precisione della scarpa) che non è altro che una caramella gommosa, per una inaugurazione della grande multinazionale. Ciboh oltre che partecipare ai design-events più famosi al mondo, organizza anche catering molto particolari e realizza gadget  per manifestazione altrettanto speciali. Il sito è una miniera di idee e curiosità per chi è attratto dal variegatissimo mondo del "non è quello che sembra", sbirciando nelle loro opere potrete avere l'idea che in effetti con il cibo, la cosa più a portata di tutti, si possono ottenere delle vere opere d'arte, con nulla da invidiare a chi usa materiali ben più preziosi. 

Questo è veramente solo un piccolo assaggio delle creazioni che potrete trovare, che non sono tra l'altro nemmeno tutte quelle di cui ho messo la fotografia, ho selezionato solo quello che mi hanno entusiasmato di più dai siti dei vari artisti. Ecco per oggi abbiamo finito la puntata intellettuale:-) 

martedì 2 novembre 2010

Qualche idea per un week end novembrino?

Rinnovo della grafica del blog in vista dello spostamento delle sue autrici in terra britannica.. Cambiando noi doveva cambiare anche lui no?! E poi così trovo che abbia un'aria un pò più professional (mica tanto però:-) che si adatterà meglio a raccontare le food-adventures londinesi.. Insomma ogni tanto una rinnovatina al look ci vuole. 
A parte questo inizio un pò vanesio, oggi vorrei dare due o tre informazioni  sulle manifestazioni (vedere la colonna Next Events) che accadranno in questo lungo mese e alle quali noi non potremmo partecipare.. Giusto per solleticare la voglia e dire un pò cosa tratta la biennale fiorentina del gusto o il perchè uno si deve ficcare fino a Merano (io ci andrei tutti i giorni anche solo per comprare il pane:-) per bere un bicchiere di vino.
Andiamo in ordine allora.

  • Il 5 novembre inizierà il Merano Wine Festival che dopo il Vinitaly è probabilmente l'evento italiano più importante per quanto riguarda l'enologia. A differenza di quest'ultimo, però, è decisamente più elitario, dettaglio che si comprende bene sia dai prezzi dei biglietti sia dal fatto che oltre alla proposta enologica ne viene affiancata anche una gastronomica, con diversi stand che propongono il meglio della produzione italica. La manifestazione è in pratica suddivisa in tre macro aree: Wine (degustazione dei vini in gara), Culinaria (il meglio della gastronomia italiana), Gourmet Arena (chef aderenti a Jeune Restaurant d'Europe che esprimono la loro creatività ideando nuovi piatti secondo un tema scelto di giorno in giorno). Oltre a tutto questo (come se non fosse abbastanza:-) ci sono anche delle aree più piccole dedicate alla birra e ai distillati, questo proprio per far contenti tutti.. Io onestamente non ci sono mai andata (ebbene sì lo ammetto! Prima avevo il liceo, poi l'università ed infine proprio sempre il compleanno di mia mamma in quei giorni..insomma una disgrazia:-) però dev'essere veramente bello.. E poi è Merano (tipo che se siete ubriachi potete sempre pensare di rinfrescarvi le idee qui..).


  • A seguire (ma solo di un giorno) abbiamo la Biennale enogastronomica fiorentina, evento che coinvolgerà tutta la città per una ventina di giorni proponendo la cucina tipica toscana in tutte le sue forme (e odori,colori,sapori..gnam:-). Il programma prevede, per tutta la durata della manifestazione, la possibilità di mangiare alcuni piatti tipici in diverse osterie e ristoranti del capoluogo ed inoltre, ma questi diversi giorno per giorno, una serie di eventi che avranno il compito di raccontare il mondo gastronomico toscano a tutti gli appassionati. 


  • A Cremona a metà novembre prenderà inizio la settima edizione de Il Bontà, fiera dell' enogastronomia italiana rivolta principalmente ai piccoli e grandi imprenditori del ramo alimentare ma che ha una caratteristica particolare: anche quest'anno, infatti, ospiterà la premiazione della gara "Formaggio dell'anno", che come dice il nome stesso decreterà il miglior formaggio del mondo nel 2010 (Non è forse un pò troppo variegato il mondo del formaggio per poterne scegliere uno su tutti? E tra un'ottima mozzarella ed un ottimo gorgonzola come fai a scegliere? Aspettiamo lumi:-)


  • Spostandoci verso est troviamo Enologica a Faenza che come dice il nome stesso tratta sostanzialmente di vini, il tutto nella più autentica atmosfera romagnola (leggesi: un pò meno elitaria di quella di Merano ma decisamente più simpatica:-). La manifestazione è incentrata sulla produzione emiliano romagnola, proponendo la regione come una delle nuove frontiere dell'enologia italiana. Oltre a poter degustare i vini negli stand dei produttori, sarà anche allestita una trattoria tipica con orario no stop e sarà data la possibilità a tutti quelli che vorranno di ascoltare alcune conferenze di delucidazione sul mondo enologico italiano.


  • Last but not the least, abbiamo il Roma Restaurant Week, un evento veramente degno di nota (personalmente è quello, che tra tutti, non mi perderei proprio): in pratica nei migliori ristoranti di Roma (il criterio utilizzato è che devono avere un certo punteggio minimo su le guide Michelin, Gambero Rosso, Espresso e Slow Food) verrà offerto un menù  a partire da 25 euro (ovviamente non porzioni giganti ma direi che visti i prezzi non bisogna pretendere troppo:-) e se il ristorante in questione ha almeno 75 punti sul Gambero Rosso il menù è a soli 35 euro.. Non male direi. Ovviamente i posti sono limitati e bisogna affrettarsi a prenotare sul sito ma ad oggi risultano liberi ancora diversi posti.


Tutto questo lungo post per dare qualche spunto su come passare quei lunghi week ends novembrini, che io tanto adoro.. Nebbiosi, bui, pieni di atmosfera, ideali da passare scoprendo le piccole (e penso a Merano) o grandi (penso a Roma) affascinanti realtà che rendono il nostro paese così unico.. Buoni week-ends italici a tutti!

ps: Un'ultima cosa, domenica sera il programma Terra! ha dedicato una puntata a Slow Food e al futuro della nostra alimentazione in un mondo sempre più popolato, se volete potete rivederla qui 


venerdì 29 ottobre 2010

Quattro libri ed un film

Domani sera cambia l'ora e come ogni anno le nostre serate diventeranno improvvisamente più lunghe, più intime e anche più adatte ad essere vissute sotto la coperta e con un buon libro in mano (ovvero la mia attività preferita:-). Per questo oggi ho pensato di parlare di 4 bei libri e di un film, ovviamente tutti da food-addicted e tutti più o meno nuovi (propinarvi cose vecchie e già sentite non mi sembrava tanto carino:-).




Ed eccoci qui, trattasi, in ordine, di un libro di ricette, uno di scienze gastronomiche, uno di narrativa gastronomica e l'ultimo mischia un pò di ricette con tanta storia e cultura che ci sta dietro queste ultime.
Nell'ordine abbiamo quindi:


  • Regali golosi di Sigrid Verbert, Giunti Editore: non penso di dover dire molto, chi non conosce la foodblogger italo-belga più famosa della rete? Il libro è come è il suo blog: semplice etereo, elegante, mai stucchevole, insomma un must:-)

  • La scienza in cucina di Hervè This, Edizioni Dedalo: ultimo nato dei libri che coniugano la scienza con la cucina, spiega i numerosi fenomeni chimici che avvengono quando cuciniamo e ci fa capire come siamo tutti, alla fine, dei piccoli chimici:-). Il libro fornisce le risposte a tutti quelli che da sempre si pongono interrogativi come: perchè i gamberetti diventano rosa quando li cuoci? cosa succede quando creiamo una meringa? Dedicato a chi non è rimasto traumatizzato dalla chimica al liceo:-)


    • Lo chef è un dio di Ilaria Bellantoni, Feltrinelli Editore: Ilaria -nome dell'autrice e della protagonista- accetta la sfida di passare alcuni mesi nella cucina di un grande chef stellato per imparare a far da mangiare, attività in cui è negata, e per capire cosa c'è dietro un menù raffinato e straordinariamente caro. Il mondo della cucina di alto livello si scoprirà a lei sotto la guida di una femminista realmente esistita, Peg Bracker (la quale aveva ideato decine di ricette che non richiedevano troppo impegno ai fornelli, questo in tempi ancora non sospetti di saccocci Buitoni:-) che non mancherà di darle spunti di buon senso e di umorismo per trarre il meglio da questa avventura. Dedicato alle cuoche femministe inside:-)


    • La cucina napoletana di Edoardo Capecelatro, Ponte alle Grazie Editore: Napoli ha la fama di essere uno dei posti migliori d'Italia dove mangiare ma pochi forse conoscono l'immensa cultura gastronomica che nasconde ogni piatto partenopeo: l'uso degli ingredienti, i soprannomi di molti di questi, le feste in cui si preparano, tutto rivela un mondo antichissimo di riti e tradizioni tramandate da famiglia in famiglia. Dedicato a chi si sente napoletano da sempre:-)
      

      E adesso è il turno del film: Soul Kitchen è uscito a luglio (non si tratta quindi di una new entry) e lo consiglio per chi abbia voglia di una divertente commedia gastronomica in salsa etnica: gli ingredienti sono i bassifondi di Amburgo, un infimo locale, un cuoco greco ed un suo sostituto proveniente dalle cucine di alto rango. Frullate tutto assieme e otterrete questa brillante commedia.

      mercoledì 27 ottobre 2010

      Riflessioni post Salone del Gusto

      Oggi riflessioni finali sul S.G dopo le varie top ten e top five dei giorni scorsi. 
      Sui vari food blog è da giorni che imperversano critiche, complimenti, chi dice che non è più quello di una volta (ma c'è mai qualcuno che non lo dice?!), chi dice che mancavano alcuni stand fondamentali, chi critica il costo del biglietto in rapporto all'offerta, chi dice che stà già comprando i biglietti per la prossima edizione. Insomma è tutto una via vai di commenti, alcuni, come sempre, interessanti ed altri meno (addirittura c'è chi dice "io non ci andrò mai" Ma perchè poi? Mah..).
      Insomma dopo tutto questo gran parlare ho pensato di mettere in ordine le mie riflessioni e di dire anche io come l'ho trovato questo Salone del Gusto, tanto per non farci mancare punti di vista :-)
      Partendo dalla location, dettaglio non poco importante secondo meio, sinceramente, trasferirei il tutto a Milano e questo per dei semplici motivi: prima di tutto perchè Milano è più comoda per tutti (produttori nazionali ed internazionali) e poi perchè offre degli spazi espositivi più belli e meglio organizzati. Mi spiego meglio, il Lingotto essendo una ex fabbrica Fiat è piuttosto bruttino e nel cibo la presentazione ha la sua bella importanza: è vero che la presentazione la fa lo stand in sè e non la fiera, ma anche una costruzione più bella e ideata apposta per questi tipi di eventi può far la differenza. Chi visita la nuova Fiera di Milano non può che non rimanere affascinato dalle geometrie e dal gioco di trasparenze ideato da Fuksas, esperienza che non si può certo provare si quando visita il Lingotto. Altro punto a sfavore del Lingotto è la sua posizione: per arrivarci bisogna letteralmente attraversare la città (non proprio il massimo per chi non la conosce ma nemmeno per chi ci abita suppongo) mentre la Fiera di Milano è comodamente posta vicino all'autostrada e alla tangenziale. Ultimo dettaglio, direi "strategico", la futura Milano Expo avrà luogo esattamente nella zona fiera ed il tema dell'expo sarà niente di meno che "nutrire il pianeta" in logica molto slow foodiana.. quindi perchè non cominciare a unire il tutto?
      Passando all'organizzazione del S.G non ho molto da dire, secondo me è stata ottima ed ho anche molto apprezzato gli orari di apertura e chiusura oltre ai provvidenziali punti di raccolta differenziata dei rifiuti. Quello che poi ho trovato veramente entusiasmante è stata la totale applicazione della teoria slow foodiana in un contesto fieristico dai grandi numeri, che di per sè ha poco di slow (e molto di fast): la scelta degli orti biologici come aiuole d'ingresso, le conferenze su innumerevoli temi, la cura per ogni dettaglio per far passare l'idea che "no non è un'utopia, si può veramente vivere e mangiare meglio", la vendita delle bottigliette dell'acqua Lurisia a soli 0,50 centesimi e non ai soliti 1,50 delle fiere, tutto era in perfetta coerenza petriniana.
      Per quanto riguarda i prezzi, posso solo dire che 20€ la trovo una cifra più che onesta da spendere per un simile spettacolo pantagruelico e che 10€ per un pranzo cucinato con i presìdi Slow Food sono semplicemente 10€ spesi bene. Poi che in alcuni banchi (specie nello street food) i prezzi fossero un pò esosi, questo è vero ma non mi sembra comunque il caso di montare un caso "da prezzi folli".
      Ultima considerazione, ma che ritengo in assoluto la più importante, è che ho trovato semplicemente geniale l'idea di fare una grande cena post Salone (Ne avanza per me?), in cui molti grandi nomi della cucina europea erano chiamati ad usare i prodotti avanzati dal Salone, così da non buttarli via. La cena era in realtà un vero e proprio happening e i grandi chef avevano il compito di ideare nuovi piatti al momento, con l'obbligo di usare solo le giacenze. 
      Una grande prova che cambiare mentalità si può, ma solo grazie ad una coerenza ferrea. 


      martedì 26 ottobre 2010

      Salone del gusto#2

      Eccoci qui per la seconda puntata del S.G: oggi Nord Italia. Non c'è niente da dire i padiglioni che ospitavano le regioni del nord traboccavano di stand e vedere e assaggiare tutto in un giorno solo non è stato facile (ed infatti non ce l'abbiamo fatta:-). La regione sicuramente più rappresentata era il Piemonte con decine e decine di stand, dal mitico Mulino Marino (di bonciana memoria), ai mieli delle valli del Cuneese,  ai baci di Cherasco, ai canestrelli di Biella, ai formaggi/burro di Occelli, al presidio della carne del podere La Granda... Insomma non mancava proprio niente. Novità di questo S.G 2010 era la divisione dei prodotti per regione e non per tipologia, che in effetti rendeva più semplice farsi un'idea completa dell'offerta gastronomica della regione prescelta. Noi tanto per ambientarci subito, abbiamo cominciato il S.G con un piatto di agnolotti e con una battuta di Fassone. Entrambi erano venduti in un particolare stand che radunava 4 ottimi ristoranti dell'astigiano, che a scelta avevano deciso di dividersi i piatti: chi gli agnolotti, chi la battuta, chi il bollito, chi il bonet. Il gioco era semplice: leggevi il menu, sceglievi cosa prendere, facevi lo scontrino nella cassa del ristorante addetto a quel piatto e poi aspettavi davanti ad una cucina, comune ai 4, che ti arrivasse il piatto. Bè che dire gli agnolotti erano magnifici e la battuta ha fatto vacillare per alcuni minuti le mie convinzioni pseudo vegetariane. Lo stand, inoltre, era preso d'assalto da numerosi carnivori incalliti che intercalavano i loro discorsi con muggiti di piacere dati dalla povera Fassona ridotta ad un cubotto di carne cruda (in ogni caso una dignitosissima morte:-).
      Dopo questo assaggio della "mia" regione (che poi lo è relativamente perchè il Lago Maggiore è a totale influenza lombarda, siamo molto più vicini a Milano rispetto che a Torino) siamo passate all'ispezione minuziosa degli stand ed il risultato è questo, una nuova top-ma ten questa volta- dei magnifici dieci:

      1 Vellutata di Chinotto, Azienda Agricola Parodi Alessandro, Finale Ligure Borgo (SV):
         puro semplice piacere per gli amanti del chinotto, quello vero; per questa vellutata
         viene usata solamente la polpa del frutto ed il risultato fa trasecolare le papille
         gustative, non siamo riuscite a non fare un'adeguata scorta che ovviamente verrà con
         noi a Londra!


      2 Il lonzino di fico, Azienda La Buona Usanza, Serra de' Conti (AN): con i fichi noi 
         italiani ci facciamo veramente di tutto, ma non avrei mai pensato di trovare persino un
         salame di fichi! Questo è fatto proprio come un salame, si deve tagliare sottile sottile
         ed è formato da fichi secchi, noci, mandorle e anice stellato. Buono? Molto di più. Una
         vera goduria, di quelle che proprio non puoi esimerti dal comprare.


      3 Il fagiolo giàlet della Val Belluna, presìdio Slow Food: trattasi di un fagiolo giallino
         morbidissimo, che al palato ha la stessa consistenza morbida e amidosa della patata.. Il
         sapore è delicato ma direi che è proprio la consistenza a sorprendere di più. Buono e
         caro allo stesso tempo: la produzione è di soli 20 quintali annui e Slow Food insieme al
         Consorzio dei produttori stanno lottando per mantenere in vita questa coltivazione. 


      4 Il raviggiolo dell'alto Appennino Forlivese, Azienda Agricola Boschetto di Ontaneta
         Premilcuore (FC): il raviggiolo a differenza dello squaquerone è fatto esclusivamente
         nella provincia di Forlì-Cesena e differisce da quest'ultimo per l'uso del latte a crudo e,
         come sempre in questi casi, la differenza si sente! Il raviggiolo assaggiato era
         l'esaltazione del latte crudo appena cagliato, di una morbidezza senza eguali. Se passate
         in zona non perdetevelo.


      5 Il miele dell'apicoltura biologica Floriano, Elva (CN): non è facile da raggiungere
        questa apicoltura, ha infatti il primato di essere la più alta d'Italia (ben 2.150 m s.l.m) ed
        è incastonata sulle Alpi al confine con la Francia. I mieli prodotti sono assolutamente i
        migliori per noi, quello di rododendro, poi, è imbattibile.


      6 Le marmellate e le mostarde de Le Tamerici, Bagnolo San Vito (MN): Le tamerici non
        sono certo un segreto per nessuno, sono sicuramente tra le migliori aziende produttrici
        di conserve in Italia. Lo stand permetteva di assaggiare moltissimi dei loro prodotti, tutti
        superbi, la mostarda di arance è divina.


      7 I cioccolatini Majani: tra i primi ricordi gastronomici che ho, c'è quello del cremino
         Fiat. Tremendamente piacevole, si squaglia in bocca liberando aroma di nocciole e
         cacaco. Da dipendenza secondo me. Insomma per me la Majani fa da sempre i migliori
         cremini che esistano e la trovo la migliore delle "aziende" cioccolataie italiane. Da
         pochi mesi producono dei nuovi cremini chiamati "Bricks", più grandi del normale e con 
         nuove farce: caffè, nocciole, mandorle..


      8 Il Mulino Marino, Cossano Belbo (CN): del Mulino Marino si sa di tutto e di più da
        quando Bonci ne ha fatto "pubblica confessione d'uso", in più i loro prodotti sono stati
        uno dei regali durante l'ultima Festa del Cavolo, quindi direi che non ha bisogno di
        presentazioni..


      9 L'officina di cioccolato, Domodossola (VB): qui si tratta sia di patriottismo, sia di
         entusiasmo per un'idea particolare, resa unica da molta attenzione ai
         dettagli. Questo laboratorio produce strumenti di lavoro in cioccolato o meglio "kit del
         perfetto/a...": curiosa idea regalo che stupirà anche quelli che hanno già visto "tutto". 
         Potrete comprare kit da infermiera (con siringa, termometro,pillole in cioccolato), da 
         architetto (con compasso squadre..), da segretaria (computer, penne, calcolatrice..) 
         realizzati in ottimo cioccolato (qualche natale fa ho divorato un kit da meccanico:-) 


      10 I formaggi ed il burro di Occelli: un'informazione su tutte: è l'unico che usa la panna
          cruda per fare il burro, seconda informazione: provate il resto dei formaggi e capirete
          di cosa stò parlando!




      Ecco questo è tutto quello che a noi è risultato il meglio del Salone per l'Italia del Nord, di sicuro mancano tante cose ma in un pomeriggio non potevamo fare di più.. Tra due anni si ricomincia!

      lunedì 25 ottobre 2010

      Salone del gusto#1

      Settimana di latenza dal blog ma settimana molto impegnativa e importante: in ordine abbiamo trovato casa a Londra e siamo andate al Salone del Gusto, ovvero per noi gastronomi, la Fiera con la F maiuscola (e anche tutte le altre lettere:-)
      Il Salone del Gusto rende onore a tutto (o quasi) il patrimonio gastronomico italiano organizzando oltre alla fiera in sè, anche conferenze e workshop che spaziano dagli argomenti cari a Slow Food (leggesi l'importanza della biodiversità e della preservazione dei prodotti agroalimentari di tutti i popoli del mondo) a quelli della più feroce attualità come gli ogm o l'aumento della commercializzazione di prodotti alimentari di "nicchia" nei supermercati. Di certo non c'è che di annoiarsi e anzi per chi è appassionato a questo mondo è pure troppo: non fai tempo a sentire quella conferenza che comincia quel laboratorio del gusto, ma  durante quel laboratorio del gusto c'è anche l'aperitivo con il cavoletto.. Insomma il salone del Gusto è enorme, offre moltissimo e per gustarlo al meglio bisogna scegliere con attenzione tutto l'itinerario. Noi abbiamo scelto di dividere il salone in due giorni concentrando nel primo l'estero e l'Italia del sud e nel secondo l'Italia del nord. Nel bel mezzo ci sono scappate anche parecchie visite al mercato di street food allestito all'esterno: una sorta di miniatura del mercato organizzato dallo Chef Kumale a Cesena.
      Riguardo alla presenza di banchi alimentari provenienti dall'estero c'è da dire subito una cosa: rispetto al Salone del 2006 la loro presenza è calata drasticamente, lasciando un grande vuoto nella gastronomia orientale per nulla rappresentata in questa edizione. Il perchè và secondo noi ricercato nella crisi che evidentemente non ha fatto scomodare molti presìdi e ristoranti della terra del Sol Levante alla volta di Torino. Sicuramente un gran peccato. Altra cosa che non abbiamo potuto non notare -ennesimo segno tangibile della crisi- è che gli assaggi ora sono a pagamento, mentre 4 anni fa era tutto gratuito; ora per onestà "di cronaca" dobbiamo dire che non tutto era a pagamento ma molti degli stand facevano fatica a offrire e questo in una proporzione "più da lontano viene il prodotto più l'assaggio è caro". Certo, ovvio, però all'inizio ci ha lasciato un pò stralunate. La passeggiata per il Salone "estero" ci ha viste impegnate in pani austriaci e tedeschi (ovviamente tutti di segale e ad alto contenuto di semini:-), presìdi di particolari cavoli e patate, aringhe norvegesi, mooooltissimi formaggi francesi, moooltissimi formaggi svizzeri e uno stand delle Kettle chips su cui Marcy si è fiondata (va bè non si può chiedere all'UK di offrire molto di più!). Ovviamente c'era molto altro ma sinceramente quando abbiamo visitato il padiglione dedicato agli altri paesi era un momento di surplus di gente che non ci ha permesso di chiedere e scoprire molto: dopo un'ora abbondante di folla in ogni metro quadrato la voglia, credeteci, sparisce.
      Discorso diverso per l'Italia del Sud: la gente era molto meno e la situazione risultava più gestibile. Ora ovviamente non posso citare tutto quello che abbiamo visto e assaggiato ma una top five (alla moda del cavoletto) del Sud è d'obbligo farla:


      1 Burrata del caseificio Olanda, Andria: qualcosa di superlativo, una vera burrata,
        venduta anche ad Eataly.


      2 Stand delle mandorle di Noto e del pistacchio di Bronte: non c'è molto da dire è
        semplicemente la frutta secca migliore d'Italia, la crema di pistacchi di Bronte potrebbe
        poi rendere ogni vostro dolce qualcosa di irripetibile.


      3 Ricotta e mozzarella di bufala di Domenico Romagnuolo: questo caseificio ha avuto
        molti riconoscimenti come produttore dei migliori formaggi filanti d'Italia, e si sente. La
        mozzarella è divina e la ricotta era perfetta nel cannolo in cui la facevano provare.


      4 Fichi al rum/o caffè ricoperti di cacao, dell'officina del gusto Santomiele, Salerno:
        piccoli, teneri profumatissimi fichi del Cilento, imbevuti di rum e melassa di fichi e
        ricoperti di cacao, devo aggiungere altro?!  


      5 Il pane di Matera: banale? Si è vero forse un pò, ma è troppo buono e troppo custode di
         tutto quello che fa buono il pane per non citarlo: un presidio da salvare con tutte le
         forze.


      Per finire qualche noto negativa: ci ha piuttosto deluso la presenza del Molise, che sostanzialmente non c'era: solo due stand di cui uno sinceramente non proprio degno di nota, proponeva infatti terribili oli aromatizzati.. Ragazze di Gustitaly siamo nelle vostre mani!!





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