Giovedì 25 ottobre, ore 10.
Pass? C'è.
T shirts black and orange? Anche.
Regali e regalini di mamma Garofalo (con aggiunte di zia Tre Spade)? Pure.
Ok, allora è proprio il caso di lanciarci nella folla, negli stand, nella ressa ma anche nell'eccitazione di vivercelo un pochino-ino-ino da protagoniste questa volta.
Prima tappa Garofalo, ovviamente. Emidio e Flavia da salutare, un sacco di gente a cui presentarsi per spiegare perchè sosteremo in zona così spesso (e così a lungo per quanto mi riguarda:-).
Il Salone ci appare subito enorme, grandissimo, forse troppo. Per chi dovrà fare il nostro sporco lavoro i km da macinare si presentano tanti, molti.
Il primo giorno scorre in mezzo a qualche problemuccio organizzativo, a molte persone conosciute, molte ri-conosciute e qualche sparuto assaggio quà e là. Capiamo subito che ci saranno troppe cose da fare e da vedere in soli 4 giorni perchè si possa dare un contentino a tutti nostri desideri e curiosità. Meglio scegliere e concentrarsi su poco, pochissimo e stare attenti a non farsi inglobare dalla folla (quest'ultimo punto molto importante).
Formaggi di latte ovino (la scoperta di quest'anno si chiama Montèbore), fagioli, salumi prodotti con i tagli più impensati di maiale (sangue, lardo, pane, spezie e pinoli. Ecco a voi il Mallegato), aziende gestite da ragazzi con un incredibile entusiasmo, formaggi provenienti da malghe a 2000 metri. Tante facce, tutte sorridenti, tanti prodotti, tanti coltelli che si agitavano per tagliare, far assaggiare, far capire con un prodotto, la propria scelta di vita.
Secondo e terzo giorno, la fatica si fa sentire, la gente aumenta esponenzialmente. I tour prendono il ritmo tra giornalisti stranieri, signore cinesi alla scoperta dell'Italia, delegati Slow Food canadesi ed australiani, studenti dell'Unisg.
Tante persone diverse, ognuna con una sua sensibilità e curiosità verso particolari e dettagli diversi. Domande (molte), assaggi, scambi di considerazioni, biglietti da visita e magliette.
Questo Salone si era dato un impegno ambizioso: abbassare la sua impronta inquinante del 70%, numeri pazzeschi per una fiera che movimenta merci e persone da tutte le parti del mondo ma che risulta necessario per far capire che cambiare si può e che Slow Food non predica qualcosa, razzolando risultati molto diversi. Ad essere onesta, non ho capito se la percentuale è stata centrata, ma posso assicurare di aver visto imballaggi biodegradabili ed una gestione dei rifiuti molto seria.
A Terra Madre, sabato, ho avuto un piccolo sussulto. Nell'area francese ho trovato lo stand di una biscotteria francese di Aix en Provence che è strettamente legata ad una bellissima giornata passata sotto la pioggia, camminando e sgranocchiando biscotti, in cui cercavo di tenere le fila della mia vita, in quel momento parecchio confusa.
Un piccolo giro in Trentino per prendere sempre più confidenza con la mia nuova casa (da febbraio su questi schermi) ed è già domenica, l'ultima giornata di lavoro, domani ci attende solo un laboratorio del gusto sui formaggi e vini d'Alsazia e poi un breve giro di saluti.
Lunedì: qualche piccolo problema di afonia ed un Salone vuoto, in fase di smantellamento, triste come tutte le cose che stanno per finire e che si è visto iniziare.
Un ultimo sguardo e questo ci cade su un invito per il futuro, uno di quelli che ti fa sorridere e uscire dai tornelli con il sorriso di chi ha tanto desiderato esserci e alla fine c'era.
Qualche, doveroso, aggiornamento:
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